LINEE GUIDA..
Il presente documento ha la finalità di suggerire l’introduzione di Valutazioni QUALITATIVE, all’interno del documento di cui all’oggetto, e quindi di includere nelle migliori prassi consigliate per l’apposizione del visto di conformità strumenti di misurazione e Dashboard basate sul metodo scientifico della BALANCED SCORECARD proposto dai Professori Robert Kaplan e David Norton (Harvard University) in più occasioni a partire dal 1992 e oggi utilizzato in molte imprese, a livello internazionale ed anche in alcune realtà italiane. A nostro sommesso parere le finalità che il documento intende perseguire, non possono essere raggiunte unicamente utilizzando delle misurazioni QUANTITATIVE tutte alimentate da dati di bilancio, così come indicato e consigliato nelle linee guida. La premessa del documento in esame esplicita chiaramente, e aggiungiamo CORRETTAMENTE, quali siano le finalità del Visto di Conformità e del Visto di Congruità sull’informativa finanziaria aziendale: accertare l’esistenza all’interno del sistema aziendale di adeguati assetti organizzativi amministrativi e contabili che permettano di mantenere in azienda la continuità aziendale (Going Concern) al fine di evitare possibili cause di crisi, seguendo l’obbligo di cui al vigente art. 2086 secondo comma (a metà pagina è usato il termine “saranno tenute ad adottare” lasciando intendere che la norma non sia ancora in vigore in realtà è in vigore dal 16 marzo 2019). Le premesse indicano puntualmente anche i principi metodologici con cui dovrebbe essere acclarata l’esistenza degli adeguati assetti e cioè: accertare l’esistenza di “..modelli di risk governance..” (omissis) “Il tutto secondo un approccio, metodologie e metriche non più esclusivamente basate su SET DI DATI STORICI o derivanti da MERE ESTRAPOLAZIONI PUNTUALI DI DATI STORICI, ma strutturate su analisi e valutazioni di tipo RISK-BASED. Ciò comporterà l’utilizzo di modelli STATISTICI basati sull’analisi degli scostamenti tra i valori-obiettivo (o attesi) e quelli “probabilisticamente” realizzabili sulla base di diversi scenari ipotizzati (c.d. Forward-looking approach)… (omissis). Il Focus diventa LA CAPACITA’ IMPRENDITORIALE DI BILANCIARE la legittima e necessaria assunzione del rischio d’impresa con l’altrettanto legittima aspettativa dei terzi di vedere tutelati i loro interessi in termini di diritti e prerogative. La premessa è perfettamente in linea con le direttive EBA approvate il 29 maggio 2020, le cui principali caratteristiche saranno oggetto di successivo approfondimento nel presente contributo. Il problema è che all’interno del documento del CNDCEC non si fa nessun accenno alle metodologie scientifiche tipiche del controllo qualitativo che sono le UNICHE CAPACI DI 1 POTER ASSOLVERE ALLE FINALITÀ’ ENUNCIATE SIA DAL DOCUMENTO DEL CNDCEC CHE DALLE LINEE GUIDA DELL’EBA. Infatti le linee guida del CNDCEC si limitano unicamente ad elencare delle best practices basate su un approccio quantitativo-statistico mitigato, che parte dai dati risultati QUANTITATIVI ECONOMICO FINANZIARI dei bilanci passati per poi proiettarli in avanti, “ceteris paribus” correggendo le proiezioni statistiche risultanti con delle tecniche di stress test Il concetto di fondo che ci ha guidati nella stesura di questo documento si basa sulla constatazione scientifica che l’approccio quantitativo basato sulla solo analisi dei risultati Economico Finanziari presenti due grandi problemi:
1) La dimensione Economico finanziaria non è l’unica prospettiva aziendale;
2) L’analisi Economica Finanziaria contempla dei risultati acquisiti che non possono essere modificati; dice dopo. Negli ultimi anni è diventato sempre più evidente che la capacità di creazione del valore da parte delle aziende è imputabile, oltre che alla proprietà di assets tangibili, sia fisici che finanziari, anche all’accesso a risorse intangibili, ossia assets identificabili con valenza economica non dotati di fisicità molti dei quali, a causa delle difficoltà tecniche, per il momento, ancora implicite negli attuali strumenti contabili, restano spesso invisibili nei tradizionali bilanci di esercizio ed è sempre più avvertita quindi la necessità di disporre, a fini sia gestionali interni, sia di comunicazione verso l’esterno, di un patrimonio informativo aziendale più ampio e pregnante rispetto anche a questa tipologia di risorse-chiave di un’organizzazione. Nell’anno 2002 R.Kaplan e D.Norton nel loro testo “Strategy Maps” evidenziano che il 75 % del valore di una organizzazione è rappresentato dagli asset intangibili. The International Integrated Reporting Council (IIRC) nel Discussion Paper pubblicato il 14 settembre 2011, riportando una indagine effettuata dalla società Ocean Tomo, evidenzia che la percentuale del Market Value delle aziende che compongono l’indice S&P 500 spiegata dal valore degli asset fisici e finanziari si mantiene sempre molto limitata e che la differenza rispetto al Book Value è giustificata per una ampia quota dal valore di altri fattori alcuni dei quali riflessi nei conti aziendali ma molti non lo sono. Dal 2011 ad oggi la situazione si è ancor di più esasperata, evidenziando come la salute del sistema aziendale dipenda per la maggior parte da elementi INTANGIBILI DI TIPO QUALITATIVO, che tuttavia non trovano traccia nel bilancio di esercizio. A questo si aggiunga che la letteratura sulla genesi delle crisi aziendali, in maniera unanime, distingua due livelli di fattori di crisi: I primari ed i secondari. I fattori primari sono quelli che si possono qualificare come INDIZI di crisi e sono invisibili all’esterno dell’azienda, e quindi è impossibile rintracciarli all’interno del bilancio. I secondi 2 invece sono segni evidenti dei danni che la crisi, innescata dagli INDIZI, cioè dai fattori primari non prontamente intercettati e fronteggiati da ADEGUATI ASSETTI ORGANIZZATIVI AMMINISTRATIVI E CONTABILI, ha prodotto nel sistema aziendale. I fattori secondari di crisi sono visibili all’esterno, quindi possono essere individuati dal Bilancio di esercizio e sono responsabili del progressivo allargamento degli squilibri economici finanziari fino a condurre l’azienda alla decozione e al fallimento. E’ evidente che se l’analisi che dovrà compiere il Commercialista o l’Esperto Contabile per valutare e monitorare il merito creditizio si fonda solo sull’analisi dei risultati di bilancio, essa sarà sempre una valutazione tardiva o comunque non prudente perché trascurerà sempre l’analisi della presenza dei fattori primari di crisi che innescano il degrado economico finanziario. I risultati potrebbero essere disastrosi perché si rischierebbe di valutare positivamente aziende che presentano dei risultati di bilancio positivi ma che contemporaneamente hanno generato al loro interno la nascita di fattori primari di crisi invisibili nel mentre nel bilancio ma che presto si manifesteranno anche all’esterno in termini di minori redditi e minori flussi di cassa prodotti rispetto al passato. Il presente documento vuole essere un contributo, da parte dei firmatari, affinché i membri del gruppo di lavoro che ne hanno curato la stesura delle linee guida, possono apportare le opportune aggiunte e/o correzione in maniera tale da inserire fra le opportune pratiche necessarie ad emettere il visto di conformità, l’utilizzo di metodi, strumenti e valutazioni, mutuati e tipici del controllo qualitativo in particolare quelli legati alla metodologia della Balanced Scorecard dei Professori David Kaplan e Robert Norton (Harward University 1992). Il documento del CNDCEC si è reso giustamente opportuno e necessario per dotare la categoria dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di precise linee guida nella stesura del giudizio e del monitoraggio del merito creditizio al fine di supportare i propri clienti nei rapporti con le istituzioni finanziarie dopo che avranno efficacia le linee guida dell’EBA.